I finanzieri sono intervenuti in una struttura di Castelbuono gestita da una Onlus e convenzionata con l’Asp. Eseguite 35 custodie cautelari e disposto il sequestro di beni per 6,7 milioni di euro
Le Fiamme Gialle di Palermo hanno scoperto una serie di gravissimi episodi di maltrattamento nei confronti di pazienti psichiatrici ospitati presso la casa di cura ‘Suor Rosina La Grua‘ di Castelbuono, nel palermitano. Hanno dato esecuzione di un’ordinanza cautelare nei confronti di 35 persone accusate, a vario titolo, di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode nelle pubbliche forniture.
Le indagini dei militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo hanno riguardato la onlus che gestisce, in regime di convenzione pubblica “a ciclo continuo”, servizi di riabilitazione per 23 pazienti con disabilità grave.
Il gip inoltre disposto il sequestro della casa di cura e delle disponibilità finanziarie per un valore totale di oltre 6,7 milioni di euro. Di questi circa 470mila sarebbero stati utilizzati per fini privati come la liquidazione di compensi non dovuti, l’acquisto di auto, il pagamento di viaggi o alberghi, acquisto di prodotti enogastronomici, articoli di gioielleria e da regalo e non per il fabbisogno dei pazienti o l’adeguamento della struttura.
Dieci gli indagati finiti dietro le sbarre: l’amministratore della onlus Gaetano Di Marco, Massimo Palmisano, Agostino Villaraut, Romeo Guarnera, Lorenzo Giacalone, Paolo Conoscenti, Monica Collura, Pietro Butera, Filippo Morrione e Giuseppe Amato. Per altri sette sono scattati gli arresti domiciliari, cinque sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici sono destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno.
È drammatico quello che emerge dalle intercettazioni effettuate nella casa di cura, dove i pazienti venivano picchiati e insultati. Venivano portati di peso nella sala relax, rinchiusi dentro e presi a calci e pugni. Poi venivano offesi: “Frocio“, urlava un operatore e dopo l’ennesimo calcio chiudeva la porta. “Devi buttare il veleno dal cuore” diceva un altro inserviente della struttura. “È un manicomio, un lager nazista“, commentavano, non sapendo di essere intercettate, alcune operatrici del centro mentre uno dei pazienti urlava: “Dottoressa mi faccia uscire. Avevamo detto cinque minuti, i patti si mantengono“.
“Io ne ho certezza al 99%, alzano le mani ai ragazzi, fin quando non ci sono le telecamere sta cosa… noi non ce la togliamo e vedi che è un reato penale – affermava una donna al telefono – I ragazzi erano vestiti come gli zingari, visto che non li lavavano, visto che il mangiare faceva schifo, visto che la struttura non era pulita”.
Un’altra operatrice intercettata dichiara: “I bilanci non sono mai stati presentati, nella contabilità c’è manicomio, la struttura non è adeguata e non è a norma. Lì se campano o se muoiono, non interessa niente a nessuno“.
I filoni di indagine sono due: il primo riguarda l’amministratore e i soci della onlus che, nascondendo la natura commerciale dell’attività dell’ente e grazie all’utilizzo di documentazione falsa (planimetrie, relazioni tecniche, rendiconti trimestrali delle prestazioni erogate), sarebbero riusciti ad accreditarsi con la Regione Siciliana e convenzionarsi con l’Asp di Palermo, ottenendo, negli ultimi cinque anni, soldi pubblici per 6,2 milioni.
Inoltre un funzionario dell’Asp di Palermo sarebbe accusato di corruzione. Secondo le indagini, non avrebbe svolto i dovuti controlli e verifiche in cambio dell’assunzione del figlio e della nuora. I militari contestano anche al funzionario il reato di frode nelle pubbliche forniture, poiché sarebbero state fornite prestazioni sanitarie in favore dei pazienti ben lontane dagli standard qualitativi previsti.
Mentre il secondo filone dell’indagine ruota attorno ai maltrattamenti e violenze subiti in questi anni dai 23 pazienti della struttura. Per il gip si tratta di condotte gravissime, tanto che i reati configurati sono tortura, maltrattamenti e sequestro di persona.
Le indagini hanno consentito inoltre di evidenziare l’arbitraria e massiccia somministrazione di terapie farmacologiche agli ospiti della struttura, non giustificata da ragioni medico-sanitarie, ma dalla volontà degli operatori di mantenere sedati i pazienti riducendo l’impegno e il rischio di potenziali complicazioni nel corso dei loro turni di lavoro.