Il professor Franco Peretti racconta alcuni aneddoti personali sull'ingegnere chimico residente a Trecate, in provincia di Novara, scomparso una settimana fa a causa di un infarto che lo ha colto in Turchia mentre tentava la 23esima ascesa del monte Ararat.
Il 16 agosto di quest’anno, in conseguenza di un infarto che lo aveva colpito in Turchia, nel campo base del monte Ararat, è morto Angelo Palego, un ingegnere chimico, marchigiano d’origine trecatese di adozione, che aveva acquistato fama internazionale per la sua costante ricerca dell’Arca di Noè.
Ho avuto la fortuna di conoscere in prima persona questo personaggio, di cui i giornali hanno fornito sì qualche elemento riguardante la sua personalità, ma non hanno presentato alcune sue peculiarità, che possono permettere di conoscerlo in modo più preciso del approfondito. Cerco, di conseguenza, di offrire un quadro più preciso di Angelo Palego.
Anche questo è un modo per rendere omaggio alla sua fede e alla sua passione per la ricerca scientifica. Vuol essere anche un rispettoso ricordo di una persona della quale, nonostante io non abbia mai condiviso la sua religione, ho sempre apprezzato l’impegno, la fedeltà agli ideali e la passione per la ricerca della verità, perché era convinto che il risultato di questa ricerca fosse in grado di dare all’uomo la serenità, anche se il cammino per raggiungerla genera ansia e inquietudine.
Il primo e più importante aspetto: Palego era un uomo di cultura, basata su una profonda preparazione scientifica. Del resto gli studi che lo hanno portato al raggiungimento della laurea in ingegneria chimica lo avevano abituato alla ricerca, all’esame attento delle combinazioni tra elementi naturali e soprattutto lo avevano portato all’applicazione costante del metodo dell’analisi della realtà naturale, per scoprire gli elementi che la compongono.
Pochi sanno che Angelo Palego aveva usato queste procedure per capire anche testi impegnativi come la Bibbia. L’ingegnere infatti, da quando si era fatto totalmente assorbire da questi studi – per questi studi aveva anche lasciato un importante incarico in un’industria chimica di San Martino di Trecate, città quest’ultima dove risiedeva con la famiglia – leggeva i versetti della Bibbia interpretandoli solo dopo un’attenta disamina.
Del resto lui sosteneva che, per arrivare ad una sintesi credibile fossero necessari tempi molto lunghi di analisi. Anche a questo proposito una testimonianza personale: molte volte, quando ci incontravamo dove era solito stare – anche occasionalmente, magari davanti ad un supermercato – con il sorriso di chi ritiene di essere arrivato ad un risultato sostenibile da un punto di vista scientifico, prendeva dalla sua borsa la Bibbia, l’apriva ad un versetto ed incominciava ad illustrarmi l’interpretazione – che per lui sicuramente era esatta – del contenuto dei testi, che mi aveva appena letto, citandomi anche altri passi che, secondo la sua ricerca, dovevano essere collegati.
Non si limitava a questo: spesso infatti mi mostrava diagrammi, schede, grafici elenchi di date, con i relativi collegamenti. Aveva – e questo si può ricavare dalla sua cultura – la capacità di costruire percorsi logici per dimostrare la fondatezza delle sue teorie.
Il nome di Angelo Palego è però legato ad un suo profondo convincimento: l’ingegnere era infatti convinto di aver scoperto il luogo dove si trovano i resti di della costruzione in legno, che salvò il patriarca dal diluvio universale, perché così volle Dio. Palego era convinto che questo mezzo di salvezza si trovasse in un punto preciso del ghiacciaio del monte Ararat, a 4300 metri di altezza. Anzi, era profondamente sicuro che, in una delle sue spedizioni, organizzate da Trecate in Turchia – sono state 23 queste spedizioni – avesse camminato sopra l’Arca.
Il lettore può anche essere interessato a sapere che non solo tutte le volte che mi incontrava, egli provvedeva ad aggiornarmi sulle ultime novità della sua scoperta, ma mi forniva precisi documenti con le sue tesi sull’argomento. Del resto va ricordato proprio a questo proposito, che esistono diverse pubblicazioni da lui personalmente curate. Tra queste ne cito tre: “Come ho scoperto l’Arca di Noè”, “Ho camminato sopra l’Arca di Noè”e “Sulle tracce di Noè “(per la precisione va detto che le prime due sono scritte da lui mentre la terza è opera di Francesco Arduini). In questi lavori balza subito all’occhio di chi le sfoglia l’impostazione scientifica, con un fine esclusivo, quello di dimostrare che la sua tesi era quella corretta, mentre infondate erano le posizioni di altri.
Questa sua profonda convinzione ha suscitato anche l’interesse dei mass media. Alla fine degli anni Ottanta del Novecento fu ospite di molti salotti televisivi – in particolare del Costanzo Show – chiamato ad essere protagonista di vivaci serate dove il confronto a volte provocava dibattiti molto accesi.
Palego mi ha anche illustrato in qualche nostro incontro il motivo della sua ricerca, motivo per la verità molto profondo e filosofico. Nel suo ragionamento partiva da un presupposto: “Se trovo l’Arca di Noè – diceva con passione – provo che la Bibbia ha dei contenuti con fondamenti storici, di conseguenza riesco a dimostrare in termini scientifici anche l’esistenza di Dio, che ha voluto, come dice il testo sacro, la costruzione dell’Arca“. Con una punta di soddisfazione aggiungeva sempre che aveva superato con questa prova tutti i filosofi che si erano preoccupati, senza però ottenere convincenti risultati, di dimostrare l’esistenza di Dio.
Per chiudere questa descrizione mi sembra significativo sottolineare un’altra caratteristica di Angelo Palego: fu un uomo di scienza, ma fu anche uomo di convinta fede e di profondo attaccamento alla sua famiglia.
Quando, alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, lasciò il suo impegno professionale, molte e pesanti furono le critiche. Lui non badò ad esse e si mise con impegno a diffondere le idee della religione alla quale aveva con convinzione aderito, quella dei Testimoni di Geova. Per tutta la vita ha fatto il predicatore, cercando di convincere il prossimo della bontà e del valore delle sue idee. Una cosa è certa: si possono non condividere le sue scelte religiose, ma a lui va riconosciuta la coerenza, la costanza, l’impegno, tutte doti alle quali non è mai venuto meno, anche quando qualche voce all’interno della sua chiesa si è levata contro.
Personalmente l’ho incontrato in diverse circostanze, in diversi luoghi della città e sempre con un sorriso – forse sapeva che non mi avrebbe mai convertito – in questi incontri mi offriva le pubblicazioni della sua organizzazione.
Non posso alla fine tacere, anche se gli aspetti personali e familiari non dovrebbero trovare spazio in circostanze come questa, la dedizione e l’affetto dimostrato nei confronti della moglie Wilma. Angelo Palego, pur essendo impegnato in mille iniziative che a volte – si pensi ai suoi viaggi per la ricerca dell’Arca – lo portavano lontano da Trecate, ha assistito con amore e dedizione la compagna della sua vita che, colpita da una grave malattia, è rimasta allettata per moltissimi anni. Angelo Palego le è sempre stato vicino e questo rappresenta un vero esempio di amore coniugale.
Mi piace chiudere questo ricordo con una mia sottolineatura su una strana coincidenza del destino. Palego ha cercato per tutta la vita l’Arca di Noè. Il suo ultimo viaggio aveva uno scopo: fotografare l’Arca. Il destino, invece di permettergli di fotografare l’Arca, l’ha chiamato al passo estremo, proprio là dove doveva essere fotografata l’Arca. Forse era scritto che doveva essere così. Probabilmente Angelo Palego, prendendo i versi della Bibbia, mi avrebbe dato l’ultima spiegazione.
Franco Peretti
Già sindaco della città di Trecate