• 22 Novembre 2024
  • BENESSERE

Coprifuoco e distanziamento, perché fatichiamo a rispettarli?

In questi giorni sembra non si parli d’altro, nelle mani di Draghi pare vi sia il possibile allungamento del coprifuoco e dunque del ritorno, almeno in parte alla socialità, che in questi mesi é stata messa a dura prova a colpi di lockdown, chiusure e restrizioni. Ma cosa spinge l’uomo a sfidare i dpcm e a desiderare con ‘anima e corpo’ tutto ciò che fino ad un anno e mezzo fa ci sembrava semplice normalità e che oggi ci viene vietato? Ossia cosa porta l’uomo a cercare gli altri per condividere esperienze e tempo?

Molto interessante lo spunto di riflessione che ci giunge dalla Dott.ssa Fiorella Mandaglio, Commissario aggiunto della polizia Locale di Erba, Esperta di informatica giuridica e crimini informatici, che ci spiega nel suo elaborato, prodotto in esclusiva per ‘Il Valore Italiano’, come l’aggregazione e l’associazione siano parte di noi, l’uomo è in fin dei conti un ‘animale sociale’. Ora facile comprendere, partendo da questa considerazione, come sia mentalmente complesso passare dall’oggi al domani, come è accaduto quando è esplosa la pandemia, dal naturale fenomeno associativo al divieto di assembramento.

Le sue considerazioni ci fanno ben capire come nessuno voglia essere di per sé ‘eversivo’, nemmeno quei giovani che ‘in barba’ ai divieti si riuniscono post scuola per stare insieme, ma che in fin dei conti tutto dipenda dalla nostra natura che ci porta inevitabilmente a cercare l’altro.

Divieto di assembramento, difficile rispettarlo: l’uomo è un ‘animale sociale’

Così La Dott.ssa Mandaglio: “Che l’uomo sia considerato un “animale sociale” lo affermava il filosofo greco Aristotele già nel IV secolo a.c. con il suo scritto “la Politica” dove descrive l’attitudine dell’individuo ad aggregarsi con altri simili ed a costruire sé stesso all’interno di quella società.

Ma ben altri autori hanno trattato questi argomenti rilevando come  l’aggregazione e la socializzazione siano delle forme innate insite nella psiche delle creature sia per istinto naturale– se pensiamo al biologo naturalista Charles Darwin –  che per necessità – come nel pensiero dei filosofi Thomas Hobbes e John Locke.

Nel mondo animale molte specie vivono in branco, si aggregano ed assembrano nello stesso ambiente per confortarsi ed aiutarsi a vicenda mentre dal punto di visto storico le prime forme di città avevano il proprio cuore pulsante nella vivacità generata dall’affollamento dei mercati e dei luoghi di incontro per giochi o politica.

Possiamo affermare che aggregazione e socializzazione siano la base della realizzazione del singolo che deve costruire se stesso all’interno di un gruppo tant’è che perfino i padri costituenti – nel non troppo lontano 1946  –  scrissero nella nostra Carta Costituzionale che socializzazione, aggregazione e lavoro sono diritti e libertà fondamentali  e come tali tutelati, agevolati e garantiti. 

Ecco dunque come una caratteristica innata quale il riunirsi viene cristallizzata all’interno di norme giuridiche che riconoscono al singolo il diritto di riflettere se stesso nel gruppo che più lo rispecchia e che lo porterà a vivere momenti di aggregazione di massa per sostenere un unico ideale sia esso l’amore per Maradona, la vincita di uno scudetto o il bagno nel fiume Gange.

Questo stare insieme, ovvero l’aggregazione che assume oggi la denominazione di assembramento  – che la legge non quantifica ma considera tale quando più di tre persone sono raggruppate nel medesimo  spazio- non sarebbe considerato un problema se di mezzo non ci fosse un microscopico virus che non si riesce a debellare.

Tutela della salute Vs difficoltà economica? Il virus le pone a confronto

La tutela della salute è un bene preziosissimo che va tutelato ad ogni costo, ma come fare se sul piatto opposto della bilancia ci si trova a fare i conti con l’aumento di povertà, la difficoltà economica ed il benessere psicologico del singolo?

In merito vorrei osservare che l’isolamento forzato produce effetti psicologici devastanti che portano il soggetto privato della libertà ad azioni auto lesive o addirittura al suicidio come purtroppo ben sanno coloro che lavorano a stretto contatto con le Case Circodariali e le Case di Reclusione.

Così come la perdita del lavoro produce oltre la rabbia e la delusione, la frustrazione che deriva dalla sensazione aver perso la dignità ed il proprio ruolo all’interno del gruppo sociale rendendo di riflesso anche la vita familiare un girone dell’inferno dantesco.

La conseguenza a mesi di isolamento e chiusura, porta la ragione a cedere il passo all’istinto naturale che si identifica con il noto “carpe diem” che fa sorgere raggruppamenti spontanei difficili da contrastare in quanto dettati anche dall’esasperazione derivata dal cambiamento forzato dello stile di vita.

Per chi osserva i cambiamenti sociali, la riflessione sullo stile di vita radicatosi dal dopo guerra ad oggi  appare molto interessante soprattutto in questo periodo pandemico.

La povertà diffusa era stata egregiamente superata: diverse memorie storiche sono l’emblema di come lentamente tecnologia e benessere aprirono le porte ad una vita fatta di agio e comodità che ha portato sempre più la società attuale a considerare “normale” e “quotidiano” anche l’eccesso di svago.

Lavoro e divertimento si fondono in modo inscindibile poiché spesso quello che è divertimento per taluni nasce dal lavoro di altri come nel caso delle fiere, dei mercati, delle sale da ballo ed altre molteplici attività che portano alla formazione di assembramento.

Ma se da un lato è possibile agire e limitare i raggruppamenti facendo leva sulla limitazione di quelle attività lavorative che hanno prodotto il tacito diritto acquisito ad uno stile di vita fondato per metà su momenti di piacere, dall’altro non è per nulla facile intervenire sulla naturale forma di aggregazione che lega fin dalle origini ogni specie vivente.

Inutile dire che lo stress correlato da qualche parte deve trovare sfogo e se non viene indirizzato verso attività ludiche troverà spazio in tutte quelle occasioni che possono generare aggregazione spontanea.

L’aggregazione spontanea o meglio, l’assembramento, non può essere duramente condannato come mancanza di buon senso del singolo ma dovrebbe essere letto come la necessità di ritrovare lentamente quello stile di vita che nonostante tutto è profondamente mutato grazie alle videochiamate ed alla diffidenza con cui ci si accosta a quello sconosciuto che nella stessa corsia deve acquistare il medesimo prodotto.

Ma in fondo è più facile giudicare che muovere critiche costruttive“.

Non ci resta che ringraziare per queste interessanti spunti di riflessione la Dott.ssa Fiorella Mandaglio, voi cosa ne pensate al riguardo, siete riusciti a rispettare a pieno il distanziamento o avete sentito a vostra volta questo istinto primordiale all’aggregazione?

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Erica Venditti

Erica Venditti, classe 1981, dal 2015 giornalista pubblicista. Dall'aprile 2012 ho conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ricerca Sociale Comparata presso l’Università degli studi di Torino. Sono cofondatrice del sito internet www.pensionipertutti.it sul quale mi occupo quotidianamente di previdenza.

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