• 21 Novembre 2024
  • SCUOLA

Scuola, cercasi pedagogista disperatamente!

Leggo da qualche mese a questa parte moltissimi articoli e più di qualche saggio sulla scuola italiana. In questi scritti si parla di tutto e si fanno anche acute osservazioni. È stato, infatti, approfondito il rapporto tra apprendimento ed aula, mettendo in evidenza l’importanza della dimensione sociale del processo educativo.

Non è mancata una profonda riflessione tecnica sulla necessità della sicurezza in classe, sottolineando l’opportunità dell’adozione di determinate norme a garanzia della salute dei docenti e degli allievi.

Molte volte sono stati evidenziati i vantaggi dell’utilizzo delle tecnologie applicate all’attività didattica.

Come si vede vari sono stati gli argomenti trattati, unica e logica la conclusione, sostanzialmente presente in tutti gli scritti, che mi sono capitati sotto gli occhi: il governo deve provvedere agli opportuni finanziamenti del caso.

A mio modesto avviso, però, nelle analisi relative ai problemi della scuola, è mancato una serio ragionamento su un argomento fondamentale e prioritario, non solo in tempo di pandemia: la formazione pedagogica dei docenti.

Prima, però, di fare una disamina su quest’argomento, desidero porre una premessa, per evitare di far considerare le mie parole un’accusa al corpo docente. Il mio vuole essere invece un contributo collaborativo con gli insegnanti per due motivi:

  • In primo luogo il docente, oggi, è persona preparata, con una conoscenza molto precisa ed approfondita della materia oggetto del suo insegnamento;
  • In secondo luogo tutto si può dire della scuola tranne che l’insegnante, in questo periodo, si è impegnato poco o in modo superficiale. Conosco l’impegno dei docenti che hanno fatto e fanno di tutto per affrontare l’emergenza che il nostro mondo, scuola compresa, sta vivendo.

Quanto sto per dire deve essere inteso non come critica al corpo docente, ma come occasione per evidenziare una lacuna di un sistema – quello scolastico – che non ha affrontato con metodo la formazione professionale dei docenti, abbandonandoli alle iniziative che gli stessi, con scrupolosa e lodevole diligenza, hanno intrapreso. È dunque la scuola come istituzione che deve provvedere ad affrontare la situazione.

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La figura del docente oggi

Se si guarda in modo puntuale ed attento la realtà scolastica – e quanto sto per affermare vale per tutte le scuole di ogni ordine e grado, università compresa – oggi non solo l’opinione pubblica, ma anche le autorità scolastiche, quando valutano un docente, tengono conto delle nozioni scientifiche che questo possiede, come se per insegnare fosse sufficiente solo possedere una quantità notevole di conoscenze.

Quante volte, anche nella vita quotidiana si sente esclamare “quel docente è preparatissimo, sa tante cose”. E il tutto si ferma a questo punto. Forse questo valeva un tempo, quando la bravura dell’insegnante si valutava in base alle nozioni che sapeva trasmettere. Del resto, anche il registro di classe si fermava alla registrazione dell’argomento della lezione.

Al docente, proprio per questa concezione, nei tempi passati, era anche garantito qualche segno esterno della conoscenza che avrebbe dovuto possedere.

I più anziani dei miei lettori ricorderanno certamente che all’insegnante non solo era riconosciuta la cattedra ( e già questo termine aveva un significato altisonante) ma questa era collocata su un’alta pedana , segno dell’autorità di chi saliva, anche se non necessariamente della sua autorevolezza. Ricordo pure che, parlando della posizione dell’insegnante, si diceva che “saliva in cattedra”.

Oggi la situazione è cambiata, anche perché una serie molto interessante di ricerche psicologiche e sociologiche hanno messo in luce nuovi aspetti della personalità che non possono essere disattesi. Se sono cambiati i contesti sociali, non è cambiata purtroppo la scuola, né sono stati offerti ai docenti nuovi strumenti ed opportuni aggiornamenti.

L’importanza della pedagogia nella scuola attuale

Se non è sufficiente avere abbondanza di nozioni per essere buoni e validi insegnanti, l’istituzione scolastica, con le sue strutture, deve intervenire per garantire gli indispensabili aggiornamenti dei docenti che non devono più, con scelte volontaristiche, cercare l’aggiornamento, ma devono essere assistiti dalle strutture idonee con i necessari affiancamenti.

Ritengo, infatti, che sia indispensabile puntare ad una diffusa conoscenza pedagogica, in quanto proprio di questo si tratta, perché oggi questa conoscenza manca – e manca, è bene ribadirlo, non certamente per responsabilità dei docenti.

Da un punto di vista generale sostengo che tre sono gli obiettivi che questa preparazione pedagogica può garantire.

Primo obiettivo: il docente deve formare un gruppo coeso

Innanzitutto il docente deve essere preparato alla costruzione delle condizioni perché si stia bene in classe. È importante che il periodo trascorso nella classe sia vissuta come un momento di vita serena, nel quale l’allievo avverta il piacere di crescere e, quindi, di essere educato e, nello stesso tempo, l’insegnante provi soddisfazione di trasmettere nel giusto clima le sue conoscenze.

Deve essere l’insegnante il punto di riferimento sociale idoneo a generare un rapporto tra i componenti della classe. Il primo suo lavoro educativo è quello allora di formare il gruppo, mettendo ogni allievo nella condizione di scoprire il rapporto che lo lega con i suoi compagni.

La classe non è un insieme di monadi di leibniziana memoria, ma è comunità che vuole crescere nel reciproco rapporto collaborativo dei componenti.

Merita di essere rivisitati e quindi modificato il comportamento dell’insegnante che, seduto in cattedra, tramette il suo sapere senza quasi guardare in faccia i suoi allievi, perché questo atteggiamento non crea fusione di intenti.

Secondo obiettivo: eliminare sia l’atteggiamento troppo autoritario che quello troppo amichevole

In secondo luogo la formazione pedagogica deve servire ad eliminare due atteggiamenti opposti e sbagliati: sia quello del docente che, usando la sua autorità, dalla cattedra fa scendere le nozioni che conosce, sia quello del docente che, per accattivarsi la simpatia dell’alunno, usa toni troppo amichevoli e confidenziali.

All’interno della classe deve essere costruito un clima equilibrato, con il rispetto dei ruoli.

L’errore che spesso può essere commesso è quello di ammettere comportamenti idonei a generare una confusione di ruoli. Non è da condividere, quindi, il comportamento del “cattedratico”, di chi cioè sale in cattedra e dall’alto farà cadere le sue “verità”, perché in questo caso si corre il rischio di sostituire l’autorità all’autorevolezza.

Nello stesso tempo non si deve considerare valida e quindi positiva la posizione dell’insegnante che si colloca sullo stesso piano dell’allievo, perché quest’ultimo rimane disorientato, in quanto avverte la presenza di ruoli che non rispecchiano la situazione reale. Tutto questo può comportare la ristrutturazione delle lezioni.

Durante il suo lavoro didattico con la sua sensibilità, e quindi la sua autorevolezza, il docente deve provvedere a scegliere gli elementi della lezione che sono più facilmente condivisibili per arrivare anche – magari con l’aiuto degli allievi, che a questo punto si sentono coinvolti e corresponsabili – ad argomenti più complessi.

Ovviamente, in certi momenti, le nuove tecnologie rappresentano uno strumento utile che può essere affiancato, ma mai sostituito, al lavoro personale in presenza del docente.

Terzo obiettivo: coinvolgere tutti gli insegnati della classe per costruire un percorso comune

Un terzo obiettivo della pedagogia è la creazione di un lavoro interdisciplinare che coinvolga tutti i docenti della classe per la costruzione di un percorso comune.

Molte volte si nota che il docente procede nel proprio lavoro, illustrando i contenuti della materia della quale ha la titolarità, senza curarsi troppo dell’attività didattica degli altri insegnanti, che operano nella stessa classe.

Il collegamento, invece, è indispensabile e necessario. Nasce allora un rapporto tra alunni e docenti che certamente produrrà molti effetti, in particolare nasce un comportamento del gruppo idoneo a produrre un’attività didattica inclusiva.

Anche su quest’ultimo punto è necessaria una sottolineatura. Quando è stata introdotta la normativa per favorire l’inclusione, qualche docente ha pensato che per svolgere attività inclusiva, attività cioè in grado di coinvolgere tutti i discenti, fosse sufficiente tagliare per alcuni studenti parte dei programmi.

Pedagogicamente parlando, questa è un’attività che mantiene in posizioni sempre arretrare gli studenti meno dotati. Di conseguenza, per attuare le indicazioni normative, si deve lavorare per garantire per tutti il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal programma scolastico senza tagliare pezzi di programma.

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Provvisoria considerazione finale

Queste considerazioni mettono in evidenza la necessità di avere all’interno della scuola anche il pedagogista che, con la sua competenza professionale, possa offrire i supporti scientifici e possa contribuire a colmare una lacuna che gli stessi docenti avvertono di avere e che vorrebbero eliminare.

Potrebbero nascere iniziative, magari finanziate da fondi europei. Di questo percorso parlerò in un prossimo scritto, coinvolgendo anche dirigenti scolastici con significative esperienze alle spalle.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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