Riapertura scuole, il dibattito continua, a che punto siamo al 4 gennaio, a pochi giorni da un’auspicata, soprattutto da allievi e famiglie, ripartenza in presenza? Nella conferenza di fine anno il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva evidenziato come i temi più importanti da affrontare all’inizio del nuovo anno sarebbero stati proprio due: la gestione dell’emergenza Covid, con il fondamentale obiettivo di evitare una terza ondata del virus, e, appunto, la riapertura scuole.
Per quanto riguarda il tema della scuola, tanto caro a Conte quanto alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, non è in discussione il ritorno per gli studenti di elementari e medie, che continueranno a frequentare regolarmente le lezioni dal 7 gennaio, mentre per quanto riguarda quelli delle superiori il piano era quello di un ritorno in presenza al 50% a partire dalla stessa data. Cosa sta cambiando, invece, nelle ultime ore?
Negli ultimi giorni governatori e sindacati hanno sollevato grossi dubbi sulla fattibilità del piano di rientro, che presenterebbe enormi lacune sia da un punto di vista sanitario che in quello dell’organizzazione didattica. Nell’incontro notturno di ieri con il governo molti presidenti di Regioni hanno chiesto di poter attendere l’esito del monitoraggio della curva epidemiologica nel Paese, previsto per venerdì 8 gennaio.
Nel caso la richiesta dei governatori venisse accettata l’esecutivo dovrebbe pensare di emanare un ‘provvedimento ponte‘ ad hoc per la scuola che vada dal 7 al 15 gennaio. Tra le ipotesi al vaglio ci potrebbe anche esser quella di consentire la didattica in presenza per gli studenti delle scuole superiori al 50% nelle Regioni che dopo l’Epifania saranno di colore giallo, mentre per quelle arancioni e rosse (che verranno stabilite il 6 gennaio, allo scadere del Dpcm di Natale, dopo un’attenta analisi dei dati sui contagi) si potrebbe optare per un posticipo delle aperture.
I territori che in questo momento presentano l’indice Rt più alto sono Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche e Calabria. Senza dimenticare le situazioni di Lombardia e Basilicata che sono molto vicine alle soglie limite consentite. A queste si aggiungerebbero anche Campania e Puglia, la cui intenzione è quella di posticipare l’apertura emanando un proprio calendario regionale.
La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, in un’intervista rilasciata a Il Fatto quotidiano si esprime sul possibile ritorno a scuola degli studenti delle superiori al 50%, previsto per il 7 gennaio: “Posso confermare la volontà del governo di riaprire. Avremmo voluto farlo a dicembre, ma abbiamo rimandato su richiesta delle Regioni”. L’ex dirigente scolastica punta il dito contro chi pensa che la riapertura degli istituti superiori possa essere la causa di un’eventuale impennata dei contagi, anche se ogni decisione in questo momento storico deve essere all’insegna della prudenza.
“Ora è arrivato il tempo di tornare in classe. La scuola è un servizio pubblico essenziale, – sottolinea Azzolina – non si può continuare a sacrificare i ragazzi né pensare che la didattica a distanza possa sostituire quella in presenza“.
Tra i più strenui sostenitori del fronte che si oppone al ritorno in classe del 50% degli studenti delle superiori ci sono i sindacati, che spingono per un rinvio: “La riapertura della scuola il 7 gennaio è troppo rischiosa“, ha spiegato Elvira Serafini, segretario dello Snals, tra i sindacati più rappresentativi della scuola. “Stiamo prendendo atto dell’aumento dei contagi di questi giorni. Il 18 gennaio potremmo avere un’idea dell’andamento epidemiologico e decidere a ragion veduta”, ha infine aggiunto.
Mentre Maddalenna Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, denuncia il mancato confronto tra il Ministero dell’Istruzione e le parti sociali e sottolinea come tra i problemi più gravi che un’eventuale riapertura comporterebbe spicca quello dell’organizzazione didattica: “I dirigenti scolastici sono stremati; continuano a fare e rifare orari per le attività didattiche in presenza al 50%. Le famiglie sono confuse, i docenti si stanno reinventando modalità didattiche per tenere insieme i gruppi classe e quelli in Ddi”. Altro importante tema messo in evidenza dalla segretaria è quello dei trasporti pubblici, un settore che il governo aveva promesso di potenziare ma ad oggi non è ancora chiaro se le Regioni potranno beneficiare di risorse economiche aggiuntive.
Che le opinioni fossero discordanti tra Regioni, sindacati e governo, anche all’interno della stessa maggioranza, era abbastanza prevedibile, un po’ meno che lo fossero anche medici e immunologi di fama mondiale. Quest’oggi su due famosi quotidiani italiani sono state pubblicate due interviste, dai pareri diametralmente opposti, rilasciate da due dei più importanti rappresentanti della comunità scientifica italiana: si tratta di Walter Ricciardi e Antonella Viola.
In un’intervista a La Stampa il professore ordinario di Igiene all’Università Cattolica e direttore scientifico degli Istituti Maugeri, nominato consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, afferma con convinzione che la riapertura delle scuole deve essere rimandata alla metà gennaio. Per Ricciardi è molto probabile che l’Italia possa registrare un aumento dei contagi “non banale” tra circa due settimane, motivo per il quale è necessario che la scuola, come le altre attività, debba rispettare i provvedimenti emanati dall’esecutivo.
Diversa l’opinione di Antonella Viola che a Repubblica spiega come non serva a nulla “rinviare l’inizio delle lezioni di una settimana, non si può risolvere in 7 giorni quello che non è stato fatto in mesi e mesi per cambiare il trasporto pubblico e mettere in sicurezza le scuole“. Secondo l’immunologa per evitare un’impennata dei contagi sarà necessario seguire le regole in modo ferreo, come ad esempio imporre l’obbligo dell’uso delle mascherine anche quando gli studenti sono seduti al banco, mentre gli insegnanti dovrebbero utilizzare quelle Fpp2.
Carlo Saccomando