L’emergenza sanitaria legata al Covid ha nuovamente posto i riflettori sulle infezioni polmonari, una delle patologie più frequenti causate dall’innesto di virus e batteri, in grado di arrecare danni spesso permanenti alle vie respiratorie. Uno scenario allarmante ingigantito proprio dall’epidemia in corso: basti pensare che secondo una recente ricerca del Columbia Asia Hospital pubblicata su The Hindu, i casi di polmonite acuta dovuti al Covid sono aumentati dell’80% rispetto allo scorso anno. Un quadro condiviso anche in Italia dove, secondo un report dell’Istituto Superiore di Sanità che ha indagato su oltre 5mila decessi legati al Covid, è stato riscontrato come l’80,5% del totale presentasse sintomi di infezioni polmonari.
Ma quale può essere, secondo gli esperti, un valido rimedio nella riabilitazione da polmonite? Una recente indagine condotta dai ricercatori Michael R. Hamblin, Principal Investigator al Wellman Center for Photomedicine del Massachusetts General Hospital, e Reza Fekrazad, capo del Lasers Research Center in Medical Sciences alla AJA University of Medical Science di Theran, pubblicata sulla National Library of Medicine, ha evidenziato come la fotobiomodulazione prodotta dalla laserterapia, in particolar modo le lunghezze d’onda nel range 650mm – 830mm a emissione continua, generi effetti ottimali sul recupero da infezioni polmonari e sia una possibile soluzione per prevenirle.
Tra i benefici indotti dalla laserterapia vanno annoverati la riduzione dell’edema polmonare e dell’afflusso di neutrofili, la rigenerazione dei tessuti e una migliore ossigenazione per tutti gli organi correlati. “Le evidenze scientifiche citate nell’articolo hanno avvalorato l’efficacia degli effetti di modulazione della risposta di infiammatoria e di biostimolazione per conto della laserterapia – ha spiegato il dott. Ingmar Angeletti, fisioterapista presso il Rihabilita Medical Center di Alzano Lombardo (Bg) –. In particolare si è resa fondamentale in alcuni nostri pazienti con nevriti post Covid e lesioni dello SPE (sciatico popliteo esterno) a seguito di stress traumatici durante le fasi di allettamento nei reparti di terapia intensiva. Sono stati trattati con la Theal Therapy e con le due lunghezze d’onda citate, con modalità stocastica e antinfiammatoria, utilizzando un controllo termico a 36 gradi e ottenendo significative riduzioni del dolore neuropatico. Inoltre mi auguro, considerando la recente ricerca pubblicata sulla National Library of Medicine, che Theal Therapy possa diventare lo standard operativo dei protocolli ospedalieri per la modulazione della risposta infiammatoria”.
Ma l’infiammazione polmonare non è la sola problematica più diffusa tra i pazienti ricoverati di Covid e che finiscono in terapia intensiva. Secondo una ricerca americana pubblicata dalla World Health Organization su Science Daily al primo posto vi è la perdita dell’olfatto e del gusto che provoca nel 65% dei pazienti uno stato confusionale e un senso di disorientamento. A seguire vi sono le lesioni da pressione che interessano cute e tessuti sottostanti, dovute alla pressione esercitata dalle intubazioni, come naso, fronte e zone sacrali, e il deficit del sistema nervoso periferico e centrale.
I “guariti” mostrano anche segni di astenia, problematiche muscolo-scheletriche e sintomi da disturbo neuropsicologico. Per questo motivo diventa fondamentale un processo di riabilitazione attento e graduale che possa consentire il pieno recupero funzionale.