Oggi, 5 maggio, si festeggia Sant’Angelo. Di famiglia di giudei convertiti, nacque a Gerusalemme nel 1185. Una volta scomparsi i genitori, assieme al fratello gemello Giovanni decise di entrare fra i Carmelitani, emettendo poi la professione religiosa nelle mani del Superiore generale San Brocardo, nel convento sul Monte Carmelo. Il Monte Carmelo che in Palestina segna il confine tra la Galilea e la Samaria e termina con il promontorio omonimo che forma il golfo di Haifa, è la culla dell’antico Ordine monastico contemplativo d’origine orientale, quello appunto dei Carmelitani.
L’Ordine si trasformò da contemplativo in Ordine mendicante nel XIII secolo, quando venne introdotto in Occidente, secondo la Regola di Sant’Alberto di Gerusalemme (1214 ca.). Durante questo secolo vissero anche San Francesco d’Assisi e San Domenico Guzman, un periodo contraddistinto dal sorgere ed espandersi degli Ordini mendicanti, che portarono una grande rivoluzione spirituale nella Chiesa cattolica. In quel periodo Angelo entrò nel Carmelo: a soli 25 anni venne ordinato sacerdote e un po’ più tardi, nel 1218, venne incaricato di recarsi a Roma per illustrare e ottenere da papa Onorio III la conferma della nuova e definitiva Regola del Carmelo. Conferma che arrivò nel 1226.
Dopo aver predicato fruttuosamente a San Giovanni in Laterano, Angelo venne inviato in Sicilia per predicare contro i “catari” che infestavano l’isola. L’eresia catara si era propagata dopo il 1000, dall’Oriente all’Occidente, puntando su un’antitesi primordiale tra il bene e il male (dal quale procede il mondo) e alla condanna radicale di tutto ciò che è carnale e terreno. Il movimento eretico assumette varie denominazioni: Albigesi, Bulgari, Patarini, Pubblicani.
Angelo trovò la morte proprio in Sicilia, per mano di un signorotto locale, tal Berengario: dopo aver convinto la sua convivente ad abbandonarlo, in quanto legata a lui da vincoli di parentela, Angelo venne assalito dal nobile nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Licata e colpito a morte con una spada. Morì pochi giorni dopo, chiedendo che l’aggressore venisse perdonato. Fu sepolto nella stessa chiesa del martirio e il suo sepolcro divenne subito meta di pellegrinaggi, mentre il suo culto si diffuse rapidamente.
L’Ordine Carmelitano lo venera come santo almeno dal 1456 e papa Pio II nel XV secolo ne approvò il culto. Nel 1662 le sue reliquie vennero traslate nella nuova chiesa, edificata nello stesso luogo in seguito alla liberazione della città dalla peste (1625) per intercessione del Santo. Nell’arte è raffigurato con la palma del martirio in mano, tre corone (verginità, predicazione, martirio) e con una spada che gli trapassa il petto.
Alessio Yandusheff Rumiatseff