La vita della vergine parigina Geneviève (in italiano Genoveffa) è narrata nella Vita Genovefae, scritta circa venti anni dopo la sua morte. Nasce a Nanterre, nei dintorni di Parigi, intorno al 422. A 15 anni Genoveffa si consacra a Dio, entrando a far parte di un gruppo di vergini votate a Dio che, pur vestendo un abito che le distingue dalle altre donne, non vivono in convento, ma nelle loro case, dedicandosi ad opere di carità e penitenze.
Nel 451 Parigi è sotto la minaccia degli Unni di Attila ed i parigini si apprestano alla fuga. Genoveffa li convince a restare in città, confidando nella protezione del cielo. Non tutti però sono d’accordo con Genoveffa, al punto che la vergine rischia di essere linciata. Passata la minaccia degli Unni, Genoveffa si trova ad affrontare la piaga della carestia.
Salita su un battello, lungo la Senna si procura le granaglie presso i contadini, distribuendole poi generosamente. Entrata in amicizia con i re Childerico e Clodoveo, sfrutterà la sua posizione per ottenere la grazia per numerosi prigionieri politici. Muore a Parigi il 3 gennaio 502 e diventa immediatamente oggetto di un fervido culto dei parigini, che la invocano in occasione di grandi calamità, come le carestie, il colera e la peste, contro le alluvioni provocate dagli straripamenti della Senna, e contro la siccità.
Nel 1129 gli abitanti di Parigi vengono colpiti da un’epidemia che viene definita mal des ardents, perché i soggetti colpiti muoiono soffrendo di grandi bruciori interni. Periscono circa 14 mila persone. Molto probabilmente si tratta di ergotismo, un’intossicazione derivata dalla contaminante della segale. Dopo che i parigini hanno portate in processione le reliquie di Geneviève nella cattedrale, l’epidemia cessa. L’anno seguente papa Innocenzo II, durante un sinodo a Clermont-Ferrand, conferma le virtù eroiche di Geneviève e fissa la commemorazione dell’evento per il 26 novembre. Successivamente il Il Martirologio Romano fisserà la memoria liturgica il 3 gennaio, giorno della sua morte.