San Pietro e san Paolo sono accomunati nella venerazione poiché ad essi si attribuisce una parte preponderante nella nascita della Chiesa: Pietro, riconosciuto da Gesù stesso come suo rappresentante in terra dopo la sua ascesa in cielo; Paolo, “Apostolo delle genti”, primo artefice della diffusione del Vangelo nel mondo.
Se comune è la conclusione della vita dei due santi, ben diversa ne è l’origine. Simone figlio di Giona, poi soprannominato da Gesù stesso Kefa; (in aramaico “Roccia”, da cui il greco Pétros e il latino Petrus) è un pescatore, come il fratello Andrea, sul cosiddetto mare di Galilea, cioè il lago di Genezaret. Chiamato da Gesù, lo segue immediatamente, divenendo Apostolo, cioè “inviato”.
È il primo a riconoscere in Gesù il Cristo, e per questo ha da lui il segno del primato: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16:18-19). I Vangeli sinottici, soprattutto Marco, accennano più volte ad una speciale Rivelazione affidata da Gesù a Pietro.
Troviamo Pietro in alcuni episodi cruciali e di grande tensione emotiva della narrazione evangelica. Con un colpo di spada taglia un orecchio al servitore del sommo sacerdote, nella notte dell’arresto di Gesù; nella notte precedente la crocefissione, per tre volte rinnega il Salvatore, pentendosene poi amaramente, quando il canto di un gallo gli ricorda che Gesù stesso aveva previsto la sua debolezza.
Lo ritroviamo negli Atti, che riconosce nella morte e risurrezione di Gesù l’adempimento delle scritture; salendo al tempio con Giovanni guarisce uno storpio, compiendo il primo miracolo dopo la crocefissione; infine, imprigionato da Erode Agrippa, viene liberato da un angelo. Gli Atti lo ricordano anche protagonista, con Paolo, del “Concilio di Gerusalemme”, nel corso del quale si proclamò l’emancipazione dei cristiani dalla legge mosaica.
Paolo nasce a Tarso, capitale della Cilicia, da famiglia di ebrei benestanti. In quanto cittadino romano, accompagna al nome ebraico del primo re d’Israele Saul quello latino di Paulus. Studia a Gerusalemme alla scuola del maestro fariseo Gamaliele, e come ebreo osservante combatte contro la dottrina cristiana. Andando a Damasco ha la visione di una luce folgorante che lo fa cadere da cavallo e lo acceca. Accolto in casa di Anania, dopo pochi giorni riacquista la vista e viene battezzato.
Tenta di evangelizzare i suoi antichi compagni, ma deve fuggire da Damasco calato in una cesta giù dalle mura cittadine. Viene accolto dagli Apostoli come loro pari, e sostiene con energia il distacco dei cristiani dalle prescrizioni della legge mosaica. In questo modo il messaggio evangelico trova maggiore ascolto anche presso i non ebrei, per i quali la pratica della circoncisione e le norme sulla purità alimentare appaiono incomprensibili ed estranee; e viene appunto la predicazione presso i “gentili” a meritargli l’appellativo di “Apostolo delle genti”. Più volte imprigionato dai romani, alla fine il governatore Festo lo invia, in quanto cittadino romano, a Roma, al tribunale dell’imperatore.
La morte dei due Apostoli non si trova nel Nuovo Testamento, ma è riportata da una tradizione concorde. Un’antichissima tradizione vuole che gli ultimi anni di vita dei due apostoli siano trascorsi a Roma, e che lì entrambi abbiano trovato la morte. Pietro è ucciso probabilmente durante la persecuzione neroniana: per umiltà chiede di essere crocifisso a testa in giù, non ritenendosi degno della stessa morte di Cristo. Paolo, in quanto cittadino romano, è condannato alla pena meno disonorevole della decapitazione. Secondo la tradizione, il suo capo rimbalza per terra tre volte, e in quei punti sgorgano le Tre Fontane che ancora oggi danno il nome al luogo. Sulla sua tomba, lungo la via Ostiense, sorge poi la basilica a lui intitolata.
Il 29 giugno, fino al 1976, era considerato un giorno festivo in tutta Italia, ma la festività è stata abrogata nel marzo 1977, mentre nel Ticino (cantone svizzero) è tuttora un giorno festivo. Inoltre la celebrazione dei due santi è festa patronale della città di Roma
Alessio Yandusheff Rumiantseff