Oggi il santo più rappresentantivo celebrato dalla Chiesa è San Vincenzo de’ Paoli che, con le sue istituzioni, diede agli uomini il capolavoro della carità, sapendo raccogliere nell’anima sua tutto ciò che la generosità cattolica, nel volgere delle età aveva trovato per sollevare il dolore e la povertà. Di lui abbiamo parlato ampiamente in un articolo pubblicato lo scorso anno. Oggi però vogliamo ricordare San Caio, vescovo milanese vissuto tra il secondo e il terzo secolo.
Sono pochissime le notizie che si hanno sul conto di questo vescovo milanese del. Di certo si sa che fu discepolo del suo predecessore alla cattedra episcopale, sant’Anatalone, ma altre fonti lo ritengono addirittura discepolo dello stesso san Barnaba apostolo, ritenuto tradizionalmente il primo vescovo di Milano. Caio gli sarebbe succeduto per ventidue anni, dal 63 all’85. In tali anni avrebbe operato numerose conversioni, tra le quali quelle di San Vitale, di sua moglie Valeria e dei figli Gervasio e Protasio, martirizzati durante la persecuzione di Nerone. Nel quinto anno del suo episcopato Caio si sarebbe recato a Roma per rendere visita di omaggio agli apostoli Pietro e Paolo, ma, durante il viaggio, per arcana intuizione, seppe che essi erano stati uccisi.
Fonti più attendibili lo vorrebbero vescovo di Milano tra la fine del sec. II e l’inizio del III, succedendo al primo vescovo sant’Anatalone. Gli antichi cataloghi milanesi, inoltre, lo dicono morto il 26 settembre e sepolto o presso la basilica di San Babila, ad Concilia Sanctorum, o nella basilica di San Nabore, poi demolita, nei pressi della basilica di Sant’Ambrogio. Il Liber notitiae sanctorum Mediolani (sec. XIV, posteriore ai cataloghi citt.), invece, ricorda la morte di Caio al 27 settembre, data della attuale celebrazione liturgica. Nel 1571 San Carlo Borromeo curò la ricognizione delle reliquie di Caio, che riposano ora in Sant’Ambrogio.
Secondo il Savio, Caio appartenne alla gens Valeria, cospicua famiglia di Milano, una delle prime convertitasi al cristianesimo; lo stesso autore sostiene anche la storicità della trasformazione dell’hortus Philippi in cimitero cristiano: è infatti nelle vicinanze di Sant’Ambrogio, ove sembra si debba collocare l’hortus, che si trova il più antico cimitero cristiano di Milano.