Vescovo di Aquileia, in Friuli, fra circa il 370 e il 388, Valeriano rappresenta l’inizio della più bella stagione della Chiesa di Aquileia. Successore di Fortunaziano, ristabilisce infatti il controllo cattolico sulla Chiesa aquileiese, dopo le ambiguità del suo predecessore. Valeriano partecipa da protagonista al concilio che papa Damaso I ha indetto a Roma nel 369, tanto da essere considerato il capo degli ortodossi contro la fazione ariana.
Grazie all’autorità del suo vescovo, Aquileia diviene il centro della diffusione e della difesa della fede ortodossa contro l’arianesimo, tanto che lo stesso San Girolamo riconosce ai clerici aquileienses i meriti per il loro zelante esercizio della fede.
Nel 381 Valeriano indice il concilio di Aquileia per combattere gli ultimi gruppi ariani nell’area balcanico-danubiana. L’imperatore, pur convocando il concilio, dissuade dal parteciparvi i vescovi della parte orientale dell’impero. Ad Aquileia arrivano così solo 35 vescovi dell’area padano-danubiana-adriatica; sotto la guida spirituale di Sant’Ambrogio, condannano Palladio di Raziaria, Secondiano di Singiduno e il presbitero Attalo. Di tale concilio si sono conservati gli atti ufficiali e le controtestimonianze degli ariani. Al termine del concilio vengono inviate agli imperatori quattro lettere sinodali, che ribadiscono la fedeltà e la devozione verso la Chiesa di Alessandria. La presenza determinante di Ambrogio al concilio sancisce anche l’affermarsi di Milano come metropoli dell’Italia settentrionale anche in campo ecclesiastico.
Valeriano muore nel 388 e la Chiesa cattolica lo celebra il 27 novembre.