Non ci sono dubbi che papa Gregorio VII fu uno dei più grandi papi della storia. Sicuramente il più importante fra quelli vissuti nell’XI secolo. Nel corso del suo pontificato riuscì a mettere in atto una profonda riforma della Chiesa, svolgendo un ruolo importante nella lotta per le investiture, che lo pose in contrasto con Re Enrico IV. Il culto tributatogli sin dalla morte venne ratificato nel 1606 da papa Paolo V, che ne proclamò la santità. La memoria liturgica è proprio oggi, 25 maggio. Gregorio VII è famoso per aver strappato all’impero il potere universale, emanando il Dictatus Papae.
Secondo la tradizione nacque a Soana, nei pressi di Grosseto, verso il 1020, dal fabbro Bonizone il quale alla fonte battesimale volle chiamarlo Ildebrando. Ricevette la prima formazione a Roma dallo zio, abate di Santa Maria in Aventino. Tra i suoi maestri ci fu anche Giovanni Graziano, che divenne poi papa Gregorio VI. Di certo vi è che quando l’imperatore Enrico III depose Gregorio VI e lo esiliò in Germania (1047), Ildebrando lo seguì.
La sua permanenza in Germania fu di grande valore formativo e risultò importante per la sua successiva attività ecclesiale. Nel 1047, dopo la morte di Gregorio VI, trascorse probabilmente due anni nell’abbazia di Cluny. Ritornato a Roma, grazie all’appoggio di Leone IX ricevette importanti incarichi. Nel 1059, quando Leone morì, divenne arcidiacono. Da quell’anno divenne una delle persone più influenti della corte pontificia. Dopo la morte di Alessandro II, il popolo e il clero di Roma lo acclamarono papa e l’imperatore Enrico IV ratificò l’elezione.
All’epoca di Gregorio la Chiesa era minacciata da una grave crisi interna dovuta al disordine e alla corruzione del clero, oltre che alle investiture laiche concesse agli ecclesiastici che disgregarono l’unità stessa della Chiesa. Contro la corruzione si furono da tempo levate voci perché si ivocava una generale riforma della Chiesa. Gregorio VII si preparò ad affrontare tali problemi con grande tenacia e decisione, ma questo, e particolarmente la questione delle investiture, lo coinvolse in una grande lotta con Enrico IV.
Scomunicato, l’imperatore si presentò a Canossa a piedi nudi, vestito del saio del penitente, per chiedere a Gregorio VII l’assoluzione. Quando però l’ebbe ottenuta e superò le difficoltà da cui in Germania il suo potere imperiale fu stato messo in crisi, si scagliò nuovamente contro Gregorio VII, che assediato a Castel Sant’Angelo venne salvato dai Normanni di Roberto il Guiscardo, i quali lo condussero a Salerno dove morì pronunciando le tanto amare quanto celebri parole “Intensamente amai la giustizia e odia l’iniquità: muoio perciò in esilio”.
Alessio Yandusheff Rumiantseff