La pietas verso i morti risale agli albori dell’umanità. In epoca cristiana, fin dall’epoca delle catacombe l’arte funeraria nutre la speranza dei fedeli. A Roma, con toccante semplicità, i cristiani sono soliti rappresentare sulla parete del loculo in cui è deposto un loro congiunto la figura di Lazzaro. Quasi a significare: “Come Gesù ha pianto per l’amico Lazzaro e lo ha fatto ritornare in vita, così farà anche per questo suo discepolo”.
La commemorazione liturgica di tutti i fedeli defunti, invece, prende forma nel IX secolo in ambiente monastico. La speranza cristiana trova fondamento nella Bibbia, nella invincibile bontà e misericordia di Dio. “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!”, esclama Giobbe nel mezzo della sua tormentata vicenda. Non è dunque la dissoluzione nella polvere il destino finale dell’uomo, bensì, attraversata la tenebra della morte, la visione di Dio. Il tema è ripreso con potenza espressiva dall’apostolo Paolo che colloca la morte-resurrezione di Gesù in una successione non disgiungibile. I discepoli sono chiamati alla medesima esperienza, anzi tutta la loro esistenza reca le stigmate del mistero pasquale, è guidata dallo Spirito del Risorto. Per questo i fedeli pregano per i loro cari defunti e confidano nella loro intercessione. Nutrono infine la speranza di raggiungerli in cielo per unirsi gli eletti nella lode della gloria di Dio.
La commemorazione liturgica dei fedeli defunti appare già nel secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti. Amalario Fortunato di Metz (770-850c), vescovo di Treveri (809), pone già la memoria di tutti i defunti successivamente a quelli dei Santi che sono già in cielo. La festività, però, viene celebrata per la prima volta nel cristianesimo nel 998, per disposizione di Odilone di Mercoeur, abate di Cluny, che ordina a tutti i monaci del suo Ordine cluniacense di fissare il 2 novembre come giorno solenne per la “Commemorazione dei defunti”.
Dal biografo del santo Odilone, san Pier Damiani, si conosce il decreto circa la data del 2 novembre come giorno per la Commemorazione di tutti i defunti dopo la festa di Tutti i Santi, del 1 novembre: “Venerabilis Pater Odilo per omnia Monasteria sua constituit generale decretum, ut sicut prima die Novembris iusta universalis Ecclesiae regulam omnium Sanctorum solemnis agitur, ita sequenti die in Psalmis, eleemosynis e paecipue Missarum solemnis, omnium in Christo quiescentium memoria celebratur” (in Jean Croiset, Esercizi di pietà per tutti i giorni dell’anno, Venezia 1773, 35-36). Il venerabile Padre Odilone emana, nel 998, per tutti i suoi monasteri cluniacensi un decreto generale, affinché, come il primo di novembre secondo la chiesa universale si celebra la festa di tutti i Santi, così nel giorno seguente si celebri la solenne Messa per tutti i defunti in Cristo con salmi elemosine e canti.
A partire, poi, dal XIII secolo, con il nome di “Anniversarium Omnium Animarum”, la festa è ormai riconosciuta da tutta la Chiesa Occidentale, apparendo per la prima volta in veste ufficiale nell’Ordo Romanus XIV, composto dal cardinale diacono Napoleone Orsini (1260-1342) e dal cardinale Giacomo Caetani Stefaneschi (1270-1343), poco prima del trasferimento della sede pontificia in Avignone (1309-1377), dove viene ampliato nel 1311, per ordine del papa Clemente V (1305-1314).
Alessio Yandusheff Rumiantseff