San Celestino V è uno dei personaggi più carismatici della Chiesa del XIII secolo. Nacque a Isernia o Sant’Angelo Limosano, fra il 1209 e il 1215, come Pietro Angelerio da una famiglia di modesti contadini, penultimo di dodici figli. Dalla madre, rimasta vedova, venne avviato agli studi ecclesiastici, ma sentendosi attratto dalla vita austera dei monasteri a 20 anni decise di farsi benedettino a Faifoli (Benevento).
Dopo poco tempo abbandonò il convento per vivere da eremita in una grotta sul monte Palleno e tre anni più tardi venne ordinato sacerdote. Ma fu sempre attratto dalla vita eremitica, tant’è che si ritirò sul Monte Morrone, nei pressi di Sulmona, assetato di preghiera, di quotidiani digiuni e macerazioni. A lui accorsero ben presto decine di discepoli con i quali si stabilì sulla Maiella, attorno all’oratorio dello Spirito Santo, dando vita nel 1264, con l’approvazione di papa Urbano IV, agli “Eremiti di San Damiano“, detti poi “Celestini“. L’ordine vive secondo la regola benedettina, interpretata con molta severità. In quel periodo nacquero ben 36 monasteri della sua congregazione nel centro Italia, popolati da circa 600 monaci e oblati.
Nell’inverno del 1273 Pietro si recò a piedi in Francia, a Lione, dove stavano per iniziare i lavori del Concilio di Lione II voluto da Gregorio X, per impedire che l’ordine monastico da lui stesso fondato venga soppresso. La missione ebbe successo poiché grande è la fama di santità che accompagnava il monaco eremita, tanto che il Papa gli chiese di celebrare una messa davanti a tutti i Padri Conciliari dicendogli che “nessuno ne è più degno“.
I successivi vent’anni videro la radicalizzazione della sua vocazione ascetica e il suo distaccarsi sempre più da tutti i contatti con il mondo esterno, fino a quando non venne convinto che stesse sul punto di lasciare la vita terrena per ritornare a Dio.
Ma un fatto del tutto inaspettato stava per accadere. In effetti, all’età di quasi 80 anni venne eletto papa, dopo quasi due anni di conclave. Era il 13 dicembre 1294 e prese il nome di Celestino V. Un incarico ostico, per lui uomo pio e devoto, costretto a dover fare i conti con interessi politici ed economici e ingerenze anche di Carlo d’Angiò. Quando si accorse delle manovre legate alla sua persona, rinunziò alla carica, morendo poco dopo (era il 19 maggio del 1296) in isolamento coatto nel castello di Fumone.
Giudicato severamente da Dante come “colui che per viltade fece il gran rifiuto“, oggi si parla di lui come di un uomo di straordinaria fede e forza d’animo, esempio eroico di umiltà e di buon senso. Clemente V lo canonizzò nel 1313. Le sue reliquie sono venerate a L’Aquila, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio. E’ venerato anche con il nome di San Pietro Celestino.
Alessio Yandusheff Rumiantseff