Non si può dire che la vita abbia sorriso a Germana. A partire dalla nascita la sua fu un’esistenza di sofferenze, una somma di dolori ed incomprensioni tali da mandare in depressione chiunque: una malformazione congenita le bloccò un braccio; la scrofolosi le deturpò il viso con piaghe e gonfiori; a pochi giorni dalla nascita morì sua madre e si ritrovò con un padre che non l’amò mai e una matrigna che la odiava, trattandola come un’appestata.
Germana nacque nel 1570 in un piccolo villaggio a pochi chilometri da Tolosa da modestissimi operai e per tutta la vita fu una povera pastorella. Nonostante le malformazioni di cui soffriva e la costituzione gracile, venne mandata a pascolare le greggi e quasi sempre era costretta a dormire nella stalla. Tutto ciò veniva accettato con estrema umiltà e non le impedì di esercitare tanta carità nei confronti dei compagni, per lo più giovani pastori e pastorelle.
Grande era la sua fede costruita intorno a quel poco che su Dio e sulla Madonna aveva appreso in parrocchia. Si recava ogni giorno a Messa recitando il Rosario e l’Angelus. Per questo gli abitanti di Pibrac, il villaggio natale, la chiamavano “la bigotta” e la dileggiavano. Ma Germana sopportò tutto con grande umiltà.
Una mattina il gregge non uscì dall’ovile e Germana fu costretta a non poter recarsi, come di consueto, in Chiesa. Morì silenziosamente, addormentandosi nella pace eterna il 15 giugno 1601. Dopo la morte, per sua intercessione si verificarono numerosissimi miracoli. Tutta Pibrac e in seguito tutta la Francia le tributarono grande devozione.
A furor di popolo Germana venne seppellita in chiesa e 40 anni dopo ne riesumarono il corpo ancora intatto, mentre si faceva fatica a tenere conto dei miracoli che si erano verificati su quella tomba. Pio IX la inserì ufficialmente sugli altari nel 1867 e oggi Santa Germana Cousin è patrona dei pastori, dei pellicciai e, più di recente, anche dei “giovani a rischio”.
Alessio Yandusheff Rumiantseff