ROMA – Uno dei motori dello sviluppo del sistema Italia sono le micro e piccole imprese, soprattutto nel campo dell’artigianato.
E’ un comparto che conta 1 milione e 314 mila imprese che, in termini occupazionali, offrono lavoro ad oltre 4 milioni di persone.
Troppo poco si è fatto e si fa per queste aziende, che molto spesso sono lasciate al loro destino e che in tempi di crisi non possono godere di sostegni e di tutele.
Sono usciti, in queste ore dati preoccupanti, forniti da Unioncamere e InfoCamere. Negli ultimi 5 anni, tra il 2013 e il 2018, quasi 100mila operatori hanno dovuto alzare bandiera bianca e chiudere i battenti. Il segmento più colpito è quello dell’edilizia in genere, con pesanti riflessi sulle costruzioni e sulle ristrutturazioni, che hanno messo in ginocchio muratori, elettricisti, impiantisti e falegnami. Tempi difficili anche per i cosidetti “padroncini”, che si occupano del trasporto di merci su gomme.
Ci sono anche però aspetti positivi; infatti sempre secondo gli studi di Unioncamere e InfoCamere si stiano affermando nuovi mestieri.
Sono in crescita le imprese di pulizia, aumentano i giardinieri e le agenzie per il disbrigo delle pratiche burocratiche, ma anche le imprese che confezionano accessori d’abbigliamento o le sartorie su misura.
Fiorenti sembrano essere anche le attività che si occupano di tatuaggi e piercing, seguendo una tendenza in forte espansione, anche sull’onda dell’emulazione di personaggi dello spettacolo e soprattutto dello sport, che ne fanno un’esibizione a volte eccessiva. Ma anche questa è l’economia, magari quella post 2.0